Risposta a Cesare Pillon sulla fusione AcegasAps – Hera
Molti punti non tornano nelle dichiarazioni dell’amministratore delegato di Acegas Aps sulla fusione (per incorporazione) con Hera.
Su tutte però una risulta di una chiarezza immediata: sono i consigli di amministrazione che dettano le scelte della politica, i consigli comunali poi saranno chiamati a ratificare l’accordo deciso dai due consigli di amministrazione.
E’ l’emblema di quanto sta accadendo oggi: i “mercati” decidono le scelte dei Governi, che si inchinano ai loro voleri massacrando decenni di conquiste di civiltà nel campo del lavoro, della sicurezza sociale, della cultura e così via. E per che cosa? C’è un’unica certezza: garantire guadagni sicuri ai signori della finanza che detengono il reale potere politico.
Nel nostro caso solo cieca fiducia in regole ( crescita & competitività) che si sono rivelate un fallimento globale. Verrebbe da consigliare qualche buona lettura: N. Roubini per cominciare!
La gestione attraverso SpA tutela, come ci è stato ribadito in un incontro con i vertici Acegas Aps, l’interesse dei soci ai dividendi, se poi però questo porterà a “grandi operazioni internazionali” fallimentari (es. Serbia, Bulgaria …) pagheranno i cittadini che magari dovranno accontentarsi di servizi più scadenti per ripianare i debiti.
Ora si potrebbe imboccare un’altra strada e operare perché, alla scadenza della concessione, il servizio venga gestito attraverso la costituzione di una Azienda Speciale. Questa sarebbe una scelta politica che vedrebbe il Comune protagonista e non passivo esecutore di scelte “tecniche”.
Stiamo parlando infatti di “servizi pubblici locali”, cioè servizi che non solo devono rispondere alle esigenze di territori specifici e limitati, ma che soprattutto devono essere sottoposti al controllo di efficacia da parte delle comunità di riferimento.
Colpisce in modo particolare una affermazione sul rispetto della sentenza della Corte Costituzionale che ribadisce il non obbligo della privatizzazione dei servizi pubblici locali. Afferma Pillon “e se domani il governo varasse una nuova normativa? Se noi fossimo amministratori che valutano solo il quotidiano…” Forse Pillon non si rende conto dell’enormità della sua affermazione. 27 milioni di cittadini e una sentenza della Corte Costituzionale sono per lui ” il quotidiano” e l’amministratore delegato di un Consiglio di amministrazione può farsene un baffo!
Quel che è peggio è che anche i sindaci di Padova e Trieste sembrano farsene un baffo, dimenticando che prima di tutto devono rispettare la volontà dei cittadini, oltretutto ribadita e rafforzata da una sentenza della Corte Costituzionale!
Non basta la garanzia sacrosanta del mantenimento dei posti di lavoro, ci mancherebbe non venisse data!!!, non può però sfuggire ai Sindacati che in gioco c’è una partita più grande e che il rischio di veder vanificati, in nome di esigenze di efficienza imprenditoriale, anche qualità e quantità del lavoro è sempre dietro l’angolo. Quando le sedi decisionali reali si allontanano, si allontana anche la possibilità e capacità di controllo e meno certe sono le garanzie. I casi in questo campo sono molteplici!
E’ per questo che il Comitato provinciale 2 si per l’acqua bene comune ha convocato l’11 settembre alle 21 in sala Nassirya un incontro tra tutti coloro che intendono opporsi, anche utilizzando lo strumento del referendum consultivo, a queste logiche che stanno sempre di più indebolendo la nostra democrazia e minando il nostro futuro.
Giuliana Beltrame
del Comitato provinciale 2 sì per l’acqua bene comune – Padova